I cani importati in Italia dall’Est Europa presentano un tasso di vaccinazioni contro la rabbia inefficaci più alto rispetto ai cani vaccinati in Italia, sollevando dubbi sulla conformità delle vaccinazioni antirabbiche effettuate nei paesi di origine. È quanto emerge da uno studio del Centro di referenza nazionale per la rabbia dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe), che ha analizzato i risultati di 21.001 test sierologici su cani vaccinati contro la rabbia effettuati tra il 2006 e il 2012.
Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Zoonoses and public health, ha confrontato i dati sui cani italiani vaccinati per l’espatrio (n=20.119, 95,80% del campione) con quelli dei cani importati e vaccinati all’estero (n=882, 4,20% del campione), provenienti in particolare da Albania, Repubblica Ceca, Ungheria, Montenegro, Polonia, Romania, Slovacchia, Russia, Serbia ed Ucraina. Le analisi hanno evidenziato che nel 5,89% dei cani italiani la vaccinazione è stata inefficace nel rendere l’animale immune al virus della rabbia; questo tasso sale al 13,15% per i cani importati in Italia dai Paesi dell’Est Europa, in ognuno dei quali (ad eccezione della Repubblica Ceca) la rabbia era presente al momento del campionamento.
Vaccinazione antirabbica e test sierologici
La vaccinazione antirabbica degli animali domestici importati, in particolare dei cani, è un approccio comune a livello internazionale per evitare di introdurre il virus della rabbia in un territorio indenne.
Assieme alla vaccinazione, le autorità sanitarie dei Paesi in cui un animale viene introdotto possono richiedere il risultato di test sierologici, ovvero esami di laboratorio che misurano il livello di anticorpi contro il virus sviluppato dall’animale vaccinato; questi test permettono di capire se l’animale ha sviluppato un livello di anticorpi tale da poter neutralizzare il virus, che per la comunità scientifica e le autorità sanitarie internazionali corrisponde a un titolo di siero maggiore o uguale a 0.5 IU/ml.
L’attuale legislazione dell’Unione Europea stabilisce che gli animali domestici che entrano nell’UE da un paese terzo devono essere vaccinati e devono presentare test sierologici conformi a questo standard; per gli animali che si spostano all’interno dell’UE è richiesta invece solo la vaccinazione, in quanto si ritiene più trascurabile il rischio di spostare un animale domestico infetto all’interno dell’UE.
L’importanza dei controlli alla frontiera
La differenza nei tassi di efficacia delle vaccinazioni tra cani vaccinati in Italia e cani importati rilevata dalle analisi del Centro di referenza nazionale potrebbe essere dovuta:
- allo stress causato dal trasporto degli animali (la maggior parte dei cani provenienti dall’Est Europa consisteva in cuccioli trasportati per motivi commerciali),
- alla contraffazione dei certificati di vaccinazione,
- alla vaccinazione dei cuccioli prima delle 12 settimane raccomandate dagli standard internazionali.
I dati emersi dallo studio evidenziano quindi l’importanza dei controlli alla frontiera per tutelare il benessere degli animali trasportati e ridurre il rischio di reintrodurre la rabbia in aree libere dalla malattia, suggerendo la necessità di rimodulare la legislazione comunitaria sulla movimentazione degli animali da compagnia.
Altri fattori che influenzano la risposta al vaccino
D’altra parte la ricerca scientifica ha evidenziato come ci siano diversi fattori che possono influenzare la risposta dei cani al vaccino contro la rabbia in termini di produzione di anticorpi contro il virus, come ad esempio la razza, l’età degli animali, oppure il tempo trascorso tra la vaccinazione e il test sierologico con cui viene valutata la sua efficacia.
Questi fattori emergono anche dai dati analizzati dal Centro di referenza, secondo i quali – ad esempio – le razze pure presentano tassi di insuccesso più alti nella risposta anticorpale alla vaccinazione rispetto ai meticci, pari rispettivamente al 6,93% e al 3,71%; tra le razze pure, Beagle e Boxer sono quelle che hanno meno probabilità di mostrare una risposta immunitaria positiva ai vaccini, con tassi di insuccesso pari rispettivamente all’11,18% e al 9,68%. In linea con studi precedenti, i tassi di inefficacia della vaccinazione antirabbica sono risultati maggiori per i cani giovani e di taglia grande, mentre il sesso si è confermato come unica variabile che non influenza la risposta anticorpale al vaccino.
Lo studio ha rivelato anche come si debba tener conto del tempo trascorso tra vaccinazione e campionamento quando si interpretano i risultati sierologici: le percentuali più alte di successo sono state registrate infatti nei test effettuati tra le due settimane e i due mesi seguenti la vaccinazione. Proprio per questo il Centro di referenza nazionale suggerisce di non aspettare troppo tempo dopo la vaccinazione per effettuare il test sierologico, indicativamente non oltre i due mesi. Infine, se il cane ha una vaccinazione pregressa ancora in corso di validità, può essere sottoposto a richiamo vaccinale, che aumenta notevolmente le probabilità di successo della vaccinazione.
Per approfondire
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